Sono Enrica, e una definizione di me più precisa non so darla. C’è chi nasce con la camicia, io nasco con la matita in mano e da quando ho imparato a tenerla ho sfornato un disegno (o scarabocchio all’epoca) dietro l’altro. Per anni ho considerato il disegno come una passione, un hobby o come mezzo di evasione, finché mi sono iscritta all’Istituto Statale d’Arte “Aldo Passoni” di Torino, sbagliando tragicamente la scelta dell’indirizzo: Moda e Costume. Nel 2001, dopo i cinque (anzi sei) anni più lunghi della mia vita, dove il disegno era diventato più una costrizione che altro, finalmente, avevo il diploma in mano e una valutazione nemmeno troppo miserabile (74/100). Per “disintossicarmi” da figurini e ipotetiche fantasie (o stampe) per stoffe mi sono ritrovata ad “appendere la matita al chiodo” per alcuni anni, adoperandola al massimo insieme a righe e squadrette per disegni molto più geometrici e architettonici (nei rari casi in cui autocad non fosse contemplato dai professori della facoltà di Architettura). Pian piano però, mi sono resa conto che mi mancava qualcosa, così, rispolverati fogli, matite, penne a china ed accantonate righe e squadrette mi sono riconciliata col disegno più “artistico”, e grazie anche allo sprono di amici e ad alcune “commissioni” non ho più smesso. Tutt’ora continuo a studiare da autodidatta per migliorare le tecniche che già conosco e per impararne di nuove e so che di strada ne ho ancora molta da fare ma chissà, magari, con un po’ di determinazione e fortuna il disegno potrebbe diventare la mia occupazione principale.. In fondo, chi non vorrebbe trasformare in lavoro la propria passione! Per quanto riguarda i soggetti, non ho la pretesa di trasmettere chissà quali alti significati o messaggi attraverso i miei disegni. Anche se può sembrare semplicistico, voglio solo mostrare ad altri tutto ciò che mi trasmette emozioni, siano esse positive o negative, che si tratti di qualcosa a cui assisto dal vivo o di fotografie più o meno note, attraverso il disegno. Far vedere insomma quello che vedono i miei occhi e come lo vedono, senza alterazioni. In fondo, (parafrasando Dalì e Flaubert) il disegno è la sincerità nell’arte, e l’arte, fra tutte le menzogne è ancora quella che mente di meno.