La ricerca si pone come un'attenta analisi sociologica che indaga su quali possano essere alcune delle motivazioni che portano un individuo ad "arredare" la propria automobile con peluche. Si usa il termine "arredare" poichè il binomio peluche-veicolo si dà come vero e proprio microcosmo, come metafora della casa, di quella dimensione intimistica e privata che gelosamente vogliamo proteggere da ingerenze esterne. Ma è pur vero che attraverso i cristalli dell'automobile è visibile l'interno; e ciò è nient'altro che l'epifania del desiderio incoscio di manifestare ciò che ci appartiene, il nostro universo più intimo, di riconoscere noi stessi e di entrare in contatto con l'altro mediante l'affettività oggettivata dal peluche che ognuno di noi ancora ricerca indipendentemente dall'età anagrafica e dal ruolo sociale che ci rappresenta. In tal modo questo microcosmo si propone anche come luogo della memoria attraverso il quale l'abitacolo dell'auto, corredato e arredato dai peluches, non è altro che un grande e tecnologico grembo di cui circondarsi per ritrovare la rassicurante sensazione dell'abbraccio materno. Si vuole così riaffermare una sorta di "democraticità degli affetti", per quanto a volte latente, l'universalità di emozioni e stati d'animo che attraversano un'intera esistenza, dalla primissima infanzia all'età matura. Dunque , il peluche come autentico baricentro emozionale per far riaffiorare anche negli adulti
quella dimensione fantastica tante volte visitata da bambini; strumento per il recupero di quella valenza onirica e dell'affrancamento dal principio di realtà grazie ai quali le sovrastrutture sedimentate nell'arco della vita e la maschera che ci rappresenta nella veste pubblica possano venir meno, riguadagnando così emozioni più schiette e genuine.
