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D. Il suo percorso di donna e artista. Quali elementi differenziano l’opera di una donna da quella di un uomo?
R. Il mio percorso è cominciato a 14 anni con Carmelo Bene, siamo stati gli iniziatori della Scuola Romana; mi sono assunta presto la responsabilità anche gestionale di un teatro. Pur essendo molto stimata ed avendo lavorato con gli Stabili di Torino, Trieste, Palermo, quei primi passi fortemente innovativi mi hanno forse precluso una carriera alta. Da qualche tempo firmo le regie ma il nostro modo di lavorare, con la compagnia La Fabbrica dell’Attore che conduco insieme al regista Giancarlo Nanni, non è a compartimenti stagni. Non ho mai fatto solo l’attrice, mi definirei artista, nel senso della creazione. Non penso ci siano differenze stilistiche tra uomo e donna, vero è che le giovani attrici che incontro nei provini sono più brave, più creative dei colleghi uomini, i quali però sono favoriti, nel teatro tradizionale, dal numero delle parti: sono molte di più quelle maschili; poi noto, con favore, che adesso sono aumentate parecchio le registe donne.
D. Tra la vocazione artistica e la raggiunta autonomia c’è stato un divario? Ha fruito del sostegno della famiglia?
R. Sono stata cacciata di casa: ero una piccola incosciente quando ho conosciuto Carmelo, era d’estate, ed io sono andata in una villa fuori Roma a preparare un “Amleto” e poi un “Pinocchio” da presentare a Spoleto. Ho avuto il sostegno di mia madre, mio padre non approvò salvo ricredersi anni dopo. La mia è stata una follia anche se avevo capito che quella era la strada, un anno prima avevo salito i gradini dell’Accademia di Arte Drammatica di Roma senza entrarvi, il destino poi mi ha portato comunque sul palcoscenico. Sono stata subito autonoma, l’inverno successivo alla mia “fuga” frequentavo una scuola di teatro di giorno e di sera lavoravo con Carmelo al Teatro Arlecchino, che adesso si chiama Flaiano. Certo, le paghe erano minime, ma io ero piccola, coccolata da tutti; si viveva come in comunità. Un po’ di fame l’ho fatta più avanti, quando con Giancarlo Nanni abbiamo fondato il Teatro La Fede; nei momenti di crisi però abbiamo incontrato figure di cui adesso si è persa traccia, cioè dei benefattori; ci portavano da mangiare o ci regalavano cifre che ora sono irrisorie ma allora, negli anni ’70, pesavano eccome: uno fu il marchese Pottino, un altro l’attore e regista francese Pierre Clémenti, interprete di Buñuel, che ci donò seicentomila lire, con cui saldammo spese arretrate d’affitto e di luce. Fu un salvifico “Angelo Nero”. Questi episodi testimoniavano un rispetto per il teatro che sembra essersi affievolito.
D. Racconti, se si è verificato, un episodio determinante per la sua scelta professionale.
R. Nessun episodio, è stata una vocazione coltivata fin da piccolissima. Volevo fare teatro anzi la ballerina ed ero dotata; mia madre, che danzava, mi portava a vedere l’opera ed il balletto. L’amore per il teatro mi è venuto da mia mamma. Due amiche d’infanzia mi hanno confidato che io le costringevo a leggere ad alta voce testi teatrali perché mi dessero le battute. In palcoscenico sono a mio agio, più padrona di me, rispetto a come mi sento nella vita normale.
D. Relazioni sociali e canali di finanziamento pubblico: sono importanti, sa come accedervi?
R. Con Giancarlo Nanni da tempo dirigo il Teatro Il Vascello che è riconosciuto dal Ministero come Teatro Stabile di Innovazione che quest’anno ha molte difficoltà. Abbiamo lanciato una campagna di sensibilizzazione rivolta al pubblico ed agli operatori, è sul nostro sito www.teatrovascello.it e si intitola “Salviamo il Vascello”: ad ogni offerta corrisponderà simbolicamente un mattone che andrà ad edificare un muro, ancora non sappiamo se di chiusura oppure di libertà…il teatro non è supportato abbastanza dallo Stato e la cultura non può reggersi da sola, servirebbe anche l’apporto della televisione pubblica, e magari anche privata, con un programma apposito per incuriosire, attirare, spiegare alle persone di cosa si tratta: basterebbe anche che se ne parlasse nei quiz. Non c’è mai la domanda: “Chi ha scritto Romeo e Giulietta?”. La mancanza di soldi e il sistematico ritardo nell’arrivo dei fondi minano la progettualità, impediscono al teatro italiano di confrontarsi con quello europeo. Noi abbiamo un punto interrogativo in cartellone: sono libere le date dal 5 al 30 marzo 2008 per un nostro spettacolo da definire, aspettando di verificare se potremo realizzarlo.
D. L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente?
R. All’inizio della mia carriera è stato un vantaggio, sono stata eletta regina dell’avanguardia ma non ne ho mai approfittato, ho fatto copertine nude su varie riviste, come l’Espresso, ma tutto avveniva con molta innocenza…Gli ostacoli sono dovuti a questioni caratteriali e non di genere. Mi chiedo talvolta perché i posti di potere in teatro vadano così di rado alle donne; non so rispondermi.
D. Quali tematiche privilegia e quali sono i suoi impegni attuali?
R. Mi piace mettere in scena autori contemporanei che trattino di attualità, però paradossalmente attirano poco la critica. Sono soddisfatta di riprendere, tra fine gennaio ed inizio marzo, come attrice e regista, “Morire o non morire”, una sorta di tragicommedia molto apprezzata dal pubblico l’anno scorso, scritta dal catalano Sergi Belbel che è nato nel 1963. Questo è uno spettacolo corale ma sono anche contenta di interpretare, a gennaio, un monologo, tratto dal libro di Lia Levi, “L’amore mio non può”, ambientato nel settembre del ’43, sulla cacciata degli ebrei dal ghetto di Roma. Questi allestimenti sono nel cartellone del Vascello, poi farò, da attrice, un’incursione nel teatro leggero, al Teatro Parioli per due settimane dal 23 ottobre: recito in “Arrivederci e grazie” di Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime. Ho scoperto di avere un’attitudine al brillante, che non supponevo, solo affrontando il testo di Belbel, ma non si deve disdegnare niente. Il tema dominante di questi anni è appunto la contaminazione, degli argomenti e delle categorie. [Per i dettagli sugli spettacoli: Teatro Vascello via Carini 78 Roma tel.+39 06.5881021 www.teatrovascello.it ].
D. Ha qualche consiglio da dare ad artiste emergenti?
R. Suggerisco alle aspiranti attrici di vedere il più possibile, essere curiose, andare tanto a teatro ed alle mostre, leggere molto, avere buona salute, umiltà, rispetto del passato per guardare al futuro.