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Mariella Fabbris è attrice teatrale, molto attiva nel sociale. E’ tra i fondatori del Laboratorio Teatro Settimo, compagnia di ricerca che negli anni 80 e 90 ha rinnovato la scena italiana. Fabbris ha recitato al cinema con Mimmo Calopresti, ha una vasta esperienza di laboratori con i ragazzi, è tra le promotrici del progetto “Non mi arrendo, non mi arrendo” della CGIL – SPI, ha contribuito a creare l’associazione “Divina – Osservatorio sul teatro femminile contemporaneo”.
Il suo percorso di donna e artista. Quali elementi differenziano, nel teatro, una donna da un uomo?
Penso ci sia una femminilità nel fare, che può essere una caratteristica sia maschile sia femminile. La donna ha una marcia in più, abbiamo il compito di creare. La dimensione del femminile la trovo però anche in certi uomini, intendo la concretezza, l’agire pragmatico. Ultimamente faccio spettacoli in luoghi intimi, come le case o le biblioteche, dove preparo quello che io chiamo il cibo degli angeli, cioè racconto una storia facendo gli gnocchi: è un’idea multisensoriale (si ascolta, si vede, si sogna, si odora), pratica e semplice, molto femminile.
Tra la vocazione artistica e la raggiunta autonomia c’è stato un divario? Ha fruito del sostegno della famiglia?
Mi sono costruita un percorso nel mio quartiere, sono scappata di casa a 17 anni, abitavo a Settimo Torinese in via Garibaldi, dove poi abbiamo aperto il Teatro Garybaldi, sede del Laboratorio Teatro Settimo; mia nonna, cuoca, ci portava i viveri, così, con gli amici, sono riuscita a sopravvivere. La famiglia non mi ha né ostacolato né incoraggiato, ma hanno sempre considerato poco i figli, non dico sia stato drammatico, però nemmeno indolore. A 17 anni facevo la commessa, poi sono entrata in una grande azienda di Settimo, guadagnavo di più, ma al contempo, nel 1978, ho conosciuto il teatro ed ho cominciato a capire che volevo fare quello, anzi, che si poteva cambiare il mondo facendo teatro; nell’80, con i colleghi del Laboratorio Teatro Settimo, abbiamo acquisito più consapevolezza del linguaggio teatrale e nel 1987 abbiamo aperto il Teatro Garybaldi, che è stato inaugurato da Ariane Mnouchkine, anima del Théâtre du Soleil, regista teatrale e cinematografica di rilevanza mondiale.
Racconti, se si è verificato, un episodio determinante per la sua scelta professionale.
L’emozione di vedere uno spettacolo, è stato quello l’episodio, anche se non so più precisamente quale spettacolo, ma lo stare lì, dentro ad un cerchio, con gli attori che raccontano ed io ascolto, è stata un’emozione fortissima, me la vivo anche ora con paura, sia come spettatrice sia da attrice, per me è sempre la prima volta; mi faccio coinvolgere perché il palcoscenico qualche verità la trasmette in ogni caso.
Investimenti privati e finanziamenti pubblici: cosa pensa della relazione tra denaro e cultura?
Pubblico e privato, non riesco più a distinguere. La mentalità dell’artista non è prezzolata, sente che può sopravvivere a tutto, conquistandosi la libertà di fare quello che vuole, se sta fuori dai recinti economici. Credo nei mecenati, che investono nella cultura e pretendono sia anche più commerciale e credo nel servizio sociale che offro: sto lavorando con un ragazzo seguito da una psicologa e mi rendo conto che io, operando col teatro, lo metto in relazione con l’esterno, mentre lei si focalizza sull’interno-famiglia, senza dargli opportunità di crescita. Io però lo faccio per entrambi: nell’interazione, nella comunicazione, anch’io cresco.
L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente?
Un vantaggio, sicuramente, mi ritengo fortunata di essere donna, con quel tanto di umiltà e sensibilità in più.
Quali tematiche privilegia e a cosa sta lavorando?
Diversifico, riesco a narrare l’operina dell’elefantino “Babar” per bimbi piccoli e l’esegesi del mestiere d’attrice nello spettacolo “Divina”.
[n.d.r.http://www.santibriganti.it/civico/spett_stagione1213/schede/Divina.pdf ]
Allo stesso tempo continuo l’esperienza del progetto “Non mi arrendo, non mi arrendo 2004 - 2014”, per un teatro della memoria, esplorando le vite delle persone, nella fattispecie 60 donne: sono storie vissute, non folclore, sono carne, ossa, sangue, che ci permettono di capire meglio questo futuro; da “Non mi arrendo, non mi arrendo 2004 - 2014” deriva lo spettacolo “Salute Donne!”, che sarà replicato a marzo tra Torino e provincia e Mirandola. [n.d.r. vedi allegato “Salute Donne!].
Ha qualche consiglio da dare ad attrici emergenti?
Ricordo che nel contesto di “Divina – Osservatorio sul teatro femminile contemporaneo”, avevo ascoltato un’interessante conferenza di alcune grandi interpreti, come Piera Degli Esposti o Valeria Moriconi, le quali asserivano che erano diventate imprenditrici di se stesse; ecco, consiglierei di trovare il modo di essere impresa di te stessa, con il tuo repertorio, la tua valigia di cose da raccontare; suggerirei di imparare a difenderti da questo mercato che è il teatro di regia, saper proteggere chi sei, così, libera. Giovani donne, sentitevi l’opera.