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Olivia Ferraris, attrice, acrobata, circense, è la metà di un duo di circo teatro comico e poetico Milo e Olivia; ha studiato in Italia, ma ha completato la formazione all’Accademia d’Arte Dinamico Drammatica della California. Lavora fin da giovanissima nel mondo del circo; con la propria compagnia, fondata nel 2003, ha portato spettacoli in giro per il mondo, ricevendo riconoscimenti, quali il primo premio “per la valorizzazione delle espressioni artistiche in strada 2004" (della Regione Piemonte), secondo questa motivazione: "L'intensa attività artistica in Italia, Europa, Centro e Nord America realizzata in questi anni, si accompagna a un crescente ruolo di diffusore della cultura dell'arte in strada...". Per notizie su storia, curiosità e cartellone di spettacoli www.miloeolivia.net
Il suo percorso di donna e artista. Ci sono elementi che differenziano lo stile di una donna da quello di un uomo?
“Sì, c’è differenza, anche solo per la visione globale della scena o per l’approccio alla recitazione. Non dico sia meglio o peggio ma è diverso e lo si vede nel nostro ultimo spettacolo, “Lost & Found”, che sarà il 20 agosto a Brescia ed il 16 marzo del 2016 al Teatro della Tosse di Genova [il calendario completo è sul sito, n.d.r.]; era un progetto nato perché fossi da sola sul palco, ha un’atmosfera più astratta degli altri lavori, meno precisa, più poetica, immaginaria. Più femminile”.
Tra la vocazione artistica e la raggiunta autonomia c’è stato un divario? Ha fruito del sostegno della famiglia?
“No e sì, perché i miei genitori, lasciando le precedenti attività, mia mamma era maestra e mio papà insegnante di sci, nel 1986 hanno creato dal nulla il MicroCirco e sognavano di tenere noi figlie a lavorare sotto il tendone, sempre insieme. E’ stato difficile far loro capire che volevo continuare con un mio stile, una mia autonomia. Le due sorelle più piccole sono rimaste, io e Viola ci siamo allontanate ma siamo restate entrambe in ambito artistico. Tra i meriti, il MicroCirco, con la sua mescolanza di teatro e circo, è stato veramente tra i primi in Italia a fare nuovo circo, inserendosi trent’anni fa con coraggio in un ambiente che, per chi proveniva da fuori, era davvero chiuso”.
Ora è lei ad avere figli, li sta crescendo perché restino nel suo alveo professionale o li lascerà liberi di scegliere?
“Sono Ethan e Kean, nomi strani ma ebraico il primo e celtico il secondo ed entrambi beneaugurali; Ethan ha una vocazione per l’allenamento, per la fisicità dell’acrobazia, Kean ha un talento da clown ma probabilmente farà il veterinario perché è affascinato dagli animali. Li lascio liberi, ma seguendoli con attenzione, perché i ragazzi odierni mi sembrano persi tra troppe scelte ed incapaci di decidere, ed io ringrazio mio padre per i paletti che mi ha imposto”.
Racconti, se si è verificato, un episodio determinante per la sua scelta professionale.
“Da bambina, dai 6 ai 12 anni, ho frequentato la prima accademia del circo diplomandomi a Verona; facevo un esercizio di equilibrismo con mia sorella, il mano a mano e le elementari e le medie le ho frequentate nelle scuole interne per la gente del circo. Crescendo, avevo deciso che avrei preso un diploma normale con un voto alto ed avrei fatto un lavoro normale con uno stipendio normale, quindi mi sono iscritta all’istituto di grafica pubblicitaria; a 19 anni mi sono diplomata con 100/100, ho trovato subito impiego in un grande studio grafico in Emilia Romagna dove sono rimasta due mesi. Ma forse non ero felice. Poi mi arrivò la telefonata della scuola di teatro Galante Garrone di Bologna per dirmi che avevo superato la prima selezione. Mi stupì, perché non avevo partecipato a nulla, ma accettai di andare al secondo provino…e fui ammessa. Era stata mia mamma, a mia insaputa, a presentare la domanda di iscrizione”.
Investimenti privati e finanziamenti pubblici: cosa pensa della relazione tra denaro e cultura?
“Niente in particolare, io e Milo abbiamo sempre cercato di essere autonomi, a volte a nostro favore e altre a nostro discapito; in una fase in cui tanti nell’ambiente accedevano ai finanziamenti ci siamo chiesti se facevamo bene o no a restarne fuori, ma non abbiamo rimpianti. Certo lavoriamo parecchio, abbiamo gli spettacoli, alcuni dei quali sono prodotti e distribuiti con la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani onlus, abbiamo la scuola di circo Chapitombolo in provincia di Asti, collaboriamo con la Scuola di Cirko Vertigo, abbiamo due figli, insomma, gli impegni non ci mancano”.
L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente?
“Un aspetto ininfluente”.
Quali tematiche privilegia e a cosa sta lavorando?
“Mi piace portare in teatro quella grinta che permetta di vedere la vita in modo ottimistico, con la voglia di cambiare, di trovare il coraggio per farlo. Cerco di insufflare questo spirito buono e combattivo in tutti i miei spettacoli, ma in maniera serena, alleggerendo, giocando con le immagini e le emozioni. E sono in fase di allestimento, con altri ragazzi”.
Ha qualche consiglio da dare ad artiste emergenti?
“Non autogiudicarsi troppo e fare. Spesso si passa molto tempo a pensare per paura di sbagliare, ecco, secondo me la cosa principale è fare, andare in scena, provare, non si sarà mai perfetti, ma dall’azione si impara, ci si corregge, si trova la strada giusta”.