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D. Il suo rapporto tra la femminilità ed il potere. Quali elementi differenziano l’azione dirigenziale di una donna da quella di un uomo?
R. Le donne sono costanti, determinate, si laureano con voti più alti ed hanno capacità organizzative migliori degli uomini. Questo è quanto sostengono le ultime ricerche. Ciononostante i gap salariali e di carriera sono ancora troppo evidenti e marcati. Purtroppo la maternità penalizza chi lavora, impone ritmi diversi e, molto spesso, porta a rinunciare a posizioni di responsabilità. Rinunce che l’uomo non accetta. La situazione femminile non è certo facile. Gestire ritmi frenetici in ufficio e organizzare la famiglia porta a condizioni estenuanti. Al giorno d’oggi le donne che ricoprono ruoli dirigenziali sono numerose, ma il percorso che le porta ai vertici è sicuramente più arduo che per l’uomo. Nel mondo dell’arte la presenza rosa è forte. Ci sono molte direttrici di museo: Gabriella Belli al Mart di Rovereto e Ida Gianelli al Castello di Rivoli per esempio. È un ambito che è sempre stato appannaggio delle donne, basti pensare al mecenatismo al femminile, dalla fine dell’800 e per tutto il secolo scorso che è stato illuminato e influente. Penso a Peggy Guggenheim, ad Abby Aldrich Rockefeller, Mary Quinn Sullivan, Lillie P.Bliss, il formidabile trio che ha fondato il MoMA; a Gertrude Vanderbilt Whithney, a Hilla Rebay, che è stata fondamentale per la storia del Guggenheim; a Isabella Steward Gardner, jamesiana dama della Boston di fine Ottocento. Ma ce ne sarebbero tante altre ancora. Alle donne non veniva dato spazio per amministrare le imprese di famiglia e dunque riversavano le loro energie nella cultura. Questo ha permesso di far nascere importanti musei e istituzioni. Per quanto mi riguarda, la gestione della Fondazione e di due figli è stata assolutamente complessa, anche se ho avuto la fortuna di essere molto aiutata, a iniziare da mia madre. E adesso i ragazzi sono grandi perché hanno 19 e 20 anni. Sul lavoro sono stata agevolata dalla laurea in economia e commercio che mi ha permesso di sviluppare le attività della Fondazione in maniera imprenditoriale, nell’ottica del raggiungimento della sua mission: la promozione dell’arte contemporanea e il sostegno ai giovani artisti.
D. Racconti, se si è verificato, un episodio determinante per la sua scelta professionale.?
R. Innanzitutto quando ho iniziato nel 1992 a collezionare, la mia passione per l’arte contemporanea mi ha portata a visitare molte istituzioni museali e culturali all’estero, soprattutto in Germania, Inghilterra, Stati Uniti. Qui vedevo intere sale dedicate agli artisti italiani contemporanei. Mi sembrava incredibile che, per poter ammirare i nostri artisti, fosse necessario recarsi all’estero. L’Italia detiene oltre il 50% del patrimonio artistico e architettonico mondiale perchè nei secoli i mecenati hanno saputo riunire intorno a sé i migliori talenti e le migliori produzioni artistiche. È importante quindi continuare a raccogliere e formare delle collezioni organiche per portare avanti una tradizione che ha fatto grande il nostro paese. In secondo luogo gli incontri con gli artisti mi hanno aperto un mondo. Ho cominciato non soltanto a capire, ma anche a condividere emozioni, aspirazioni, momenti di vita espressi nei loro lavori. Quando ho cominciato a conoscere gli artisti, ad andare nei loro studi, ho instaurato con molti di essi un rapporto che certamente non avrei potuto stabilire se mi fossi interessata all’arte antica o all’arte della prima metà del Novecento.
D. L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente?
R. Per la professione che svolgo è un aspetto ininfluente: l’importante è lavorare a favore della cultura con passione e dedizione.
D. In ambito artistico, lei crede sussistano ancora discriminazioni? Se sì, le combatte? Come?
R. L’arte ha avuto per secoli una predominanza maschile incontrastata. Soltanto dagli anni ‘70 le donne sono riuscite ad affermarsi in questo ambito. Tuttavia a livello di mercato dell'arte ancora oggi le quotazioni delle artiste donne rimangono più basse rispetto a quelle degli uomini. Attraverso la Fondazione ho avuto modo di approfondire questo aspetto. Nel 2004 abbiamo voluto analizzare, con un approccio scientifico e curatoriale, la presenza delle donne nel panorama artistico contemporaneo. L’attenzione che la Fondazione rivolge alle donne è testimoniata anche dal Premio Stellare, un riconoscimento assegnato ogni anno ad una personalità femminile capace, con il suo lavoro, il suo impegno e le sue idee, di esprimersi ed eccellere nei campi più diversi del sapere. Il Premio Stellare 2007 è stato assegnato a Lubna Al Qasimi, Ministro dell’Economia degli Emirati Arabi Uniti e prima donna a ricoprire una carica di governo nel suo Paese. Come inclinazione personale, di fronte alle opere delle donne non ho mai un atteggiamento di favoritismo. Sono attratta dall’opera e non da chi l’ha realizzata. Anche perché non sempre nelle opere è riconoscibile, per le modalità o i temi affrontati, la ‘paternità’ o la ‘maternità’.
D. Investimenti privati e finanziamenti pubblici: cosa pensa della relazione tra denaro e cultura?
R. In Italia la questione dei finanziamenti privati è molto complessa. Lo spirito di mecenatismo che nei secoli scorsi ha contribuito a creare un patrimonio artistico unico al mondo, si sta esaurendo: purtroppo le normative vigenti non agevolano gli investimenti e le aziende dimostrano scarsa attenzione nei confronti della cultura. Questa situazione non permette al nostro Paese di continuare a mantenere il primato culturale a livello mondiale. Negli Stati Uniti - a differenza che in Italia, dove si pensa che la cultura sia soprattutto una responsabilità pubblica - le imprese e privati sostengono i musei, anche perché esistono normative fiscali vantaggiose. Quando nel 2002 il MOMA ha inaugurato la nuova sede sono rimasta impressionata nel vedere il profondo coinvolgimenti della comunità di Manhattan nella vita del Museo. David Rockefeller, Ronald e Jo Carole Lauder, insieme agli altri sostenitori del museo, ricevevano il sindaco Bloomberg e gli ospiti di tutto il mondo. Tornando in Italia vi è una la legge 342/2000, conosciuta come la legge Melandri, che permette alle imprese di dedurre dal reddito imponibile il 100% dell’importo della donazione a favore di enti culturali. Il problema è che non tutte le imprese ne sono a conoscenza. La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è un esempio di fondazione privata che si affianca al pubblico per promuovere la cultura. La Fondazione organizza e produce mostre ed eventi, coinvolge dodicimila studenti l’anno e propone corsi d’arte contemporanea per gli adulti, utilizzando prevalentemente le proprie risorse, integrate da contributi pubblici.
D. Quali progetti la impegnano attualmente?
R. Fino al 12 ottobre la Fondazione ospita la mostra “YouPrison. Riflessione sulla limitazione di spazio e libertà”: 11 studi di architettura internazionali sono stati invitati a progettare lo spazio abitativo del carcere. La committenza prevedeva la creazione di una cella di tre metri per quattro dotata di tutti gli elementi essenziali per la vita dei detenuti. Durante la realizzazione dei progetti, la cella è diventata il mezzo per analizzare un problema etico, politico e sociale e un sistema di cui essa costituisce la più piccola unità strumentale. L’anno si concluderà con la seconda edizione della Triennale, organizzata insieme al Castello di Rivoli e alla Fondazione Torino Musei e a cura di Daniel Birnbaum recentemente nominato direttore della 53° Biennale di Venezia. Ad Aosta fino al 5 ottobre il centro Saint-Benin ospita la mostra “L’Alchimia dell’arte contemporanea. Opere della Collezione Sandretto Re Rebaudengo”. Nel 2008 la Fondazione sarà inoltre caratterizzata anche da eventi paralleli. Il 18 settembre è previsto l’incontro “Intelligent Design. Il successo della cultura italiana all’estero”, cui parteciperanno Paola Antonelli, Design Curator del MoMa di New York, Lapo Elkann, Presidente Italia Indipendent e Indipendent Ideas e Stefano Tonchi, Direttore Style Magazine del New York Times. Il 2 ottobre il supervincitore del Premio Campiello e lo scrittore torinese Paolo Giordano, vincitore del Premio Campiello opera prima, parteciperanno ad una serata in loro onore qui in Fondazione. Il 9 ottobre, per il ciclo Fashion Eyes, la stilista Alessandra Facchinetti incontrerà il pubblico presso l’Auditorium della Fondazione. Insieme alla nostra attività istituzionale portiamo avanti il progetto FACE - Foundation of Arts for a Contemporary Europe, prima associazione di fondazioni no profit private. Insieme alla Deste Foundation (Atene, Grecia), alla Ellipse Foundation (Cascais, Portogallo), alla Maison Rouge (Parigi, Francia) e alla Magasin 3 (Stoccolma, Svezia), abbiamo presentato a Bruxelles il progetto. Il nostro obiettivo è, innanzitutto, lavorare per l’arte contemporanea. Quindi tutti gli anni, produrremo un’opera che sarà poi presentata nelle cinque istituzioni e avrà una visibilità internazionale; faremo scambi di collezioni; avremo un magazine che racconterà quanto stiamo facendo nelle diverse sedi; inizieremo a creare un sistema non più italiano, bensì europeo.
D. Ha qualche consiglio da dare ad artiste emergenti o giovani imprenditrici?
R. Suggerisco di perseguire le scelte e ciò in cui si crede con passione e determinazione, in modo serio e ponderato. Quando mi sono avvicinata al mondo dell’arte mio padre mi disse "se fai una cosa falla bene". Con questo spirito ho creato la mia collezione. E poi ho dato vita alla fondazione che dialoga e collabora con le più importanti istituzioni internazionali, portando avanti un lavoro a favore dei giovani artisti.