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Silvia Gallerano è un’attrice di talento, che ha conquistato meritatamente fama per l’interpretazione de “La Merda”, urticante monologo di Cristian Ceresoli rappresentato con successo in Italia e all’estero. Diplomata alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, alterna la sua attività tra teatro, cinema, televisione.
Il suo percorso di donna e artista. Nel suo mestiere, quali caratteristiche differenziano le donne dagli uomini (se ritiene che ci siano diversità di genere)? Quando conduco dei laboratori teatrali, noto che è maggiore la sicurezza d’approccio che esprimono i maschi; è più alta la percentuale di uomini che hanno facilità a prendersi lo spazio della scena e rivendicare il diritto di parlare e farsi vedere, le ragazze devono superare vari blocchi prima di arrivare a mostrarsi con piacere e consapevolmente. Tra la vocazione artistica e la raggiunta autonomia c’è stato un divario? Ha fruito del sostegno della famiglia? Ho ricevuto sostegno sotto varie forme. Mia madre aveva capito che volevo fare l’attrice prima di me, tant’è che quando gliel’ho comunicato mi ha detto che lo sapeva. Da quel momento in poi è stata una mia grande sostenitrice, anche economica. Mio padre purtroppo è morto giovane ma, anche se indirettamente, ha contribuito a farmi studiare. E anche mia nonna è stata sempre solidale. Ritengo che, quando osi sviluppare quello che veramente senti essere il tuo talento, non sia difficile incontrare chi ti sostiene, chi ha fiducia in te. Racconti, se si è verificato, un episodio determinante per la sua scelta professionale. Dovrei tornare veramente tanto indietro: da bambina volevo fare la ballerina e sposare Fred Astaire. Forse il momento chiave è stato un laboratorio con il giapponese Hal Yamanouchi, che è un attore giapponese, anche di cassetta, ma soprattutto un grande formatore: lì ho scoperto la potenza della pratica teatrale e quanta energia generi il training fisico; il laboratorio si teneva a Viterbo, non ho dormito per una settimana, avevo talmente tanta gioia di vivere e di fare, ero così carica di euforia che ho sentito la necessità di replicare quella condizione estatica che si prova in palcoscenico. (foto di Guido Harari) Investimenti privati e finanziamenti pubblici: cosa pensa della relazione tra denaro e cultura? I soldi servono per fare cultura e bisogna investirli, che siano pubblici o privati; io sono stata attiva nell’occupazione del Teatro Valle a Roma e da quell’esperienza coltivo il desiderio che agli artisti sia concessa la responsabilità della gestione degli spazi: il sistema teatrale italiano è malato, c’è scollamento tra chi il teatro lo fa e chi lo organizza e prende le decisioni. Ormai si è capito che in Italia con la cultura si mangia benissimo, soltanto andrebbero rivoluzionati certi rapporti, rinnovati e resi vivi. L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente? Per un periodo è stato un ostacolo ma nel momento in cui ho chiarito il rapporto con la mia identità essere donna ha cominciato ad essere una risorsa. Quali tematiche privilegia e a cosa sta lavorando? Porto in giro ancora “La Merda” [di cui si segnala il link della produzionehttp://www.produzionifuorivia.it/Stagione/lamer.html e quello dell’autore per il calendario http://www.cristianceresoli.it/tour/ n.d.r.] è un lavoro impegnativo, artistico, attorale, sento l’urgenza di questa performance che parla dell’oggi e si rappresenta dal 2012 in forma compiuta e come studio dal 2011, ma sembra addirittura di più, tanto l’abbiamo replicata; ci capita anche di tornare negli stessi teatri, gli spettatori lo vogliono rivedere perché col passare del tempo acquista significati diversi, però “La Merda” non assorbe tutta la mia attività professionale; l’anno prossimo con Cristian Ceresoli abbiamo in progetto un nuovo lavoro, desidero continuare questa collaborazione ma sono felice di aver fatto di recente anche cose del tutto diverse, sia su altri media, come la televisione o il cinema, sia in teatro: debutto nell’estate del 2016 al festival Asti Teatro con “La locandiera” di Carlo Goldoni prodotta dal Teatro del Loto con la regia di Stefano Sabelli, poi a settembre, alla Corte Ospitale di Rubiera vicino a Reggio Emilia, con il regista Oscar De Summa mi cimenterò in “Riccardo III e le Regine”, sul rapporto tra il femminile e il potere, che sarà in tournée nella stagione 2016/2017; mi interessa lavorare sui classici, c’è un file rouge che lega tutto, inoltre dovrebbe uscire a breve il film “Asino Vola” di Marcello Fonte e Carlo Tripodi, [http://www.tempestafilm.it/cinema/asino-vola.php] è un’opera prima, prodotta da Tempesta Film e Dario Cresto-Dina, in cui ho recitato il ruolo di una madre meridionale e anche quella è stata un’esperienza coinvolgente. Ha qualche consiglio da dare ad attrici emergenti? Lasciare l’Italia per studiare, muovere i corpi insieme alle menti e andare a vedere cosa c’è altrove. Il nostro mondo artistico non dà una buona immagine di sé, sembra contino di più le cene con la gente che conta rispetto allo studio: è una visione che non condivido, penso sia sempre meglio studiare dove ci sono buone scuole, ad esempio in Inghilterra.